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DIERESI

Caro Claudio,
faccio fatica a scriverti ora che le tue molecole si sono disperse, lasciando, laddove era il Tuo corpo, uno spazio vuoto. Quel castello di atomi e pensieri che irradiava bellezza e genio si è disgregato, scomparendo, in un modo bastardo e fulmineo, al fluire del Tempo. Resta con me l’impronta delle Tue creazioni, il profumo delle Tue idee stravaganti e il riflesso del Tuo sguardo e dei Tuoi sorrisi.

Abbiamo camminato insieme per un bel pò. Non solo come compagni di lavoro ma piuttosto come compagni di avventura: far prevalere il bene sul male! Combattere i soprusi degli arroganti con la forza della dolcezza espressa in azioni concrete di speranza! Quando assieme a Barbara progettavi una nuova casa, un nuovo centro per accogliere la sofferenza e consolarla, tu non stavi solo svolgendo bene un lavoro, stavi perseguendo una missione, la tua, la nostra.

Ieri il tuo amico di infanzia, mentre eravamo radunati a Villa Celimontana attorno alle tue cose care, ha ricordato di quando, ad undici anni, ti eri imposto urlando contro le maestre perché non si occupavano in modo opportuno dei ragazzi più disagiati della classe… eccoti allora! Ora ti scopro e ti riconosco.

Non c’è bisogno di ricordartelo, ma prova a soffermarti un istante su quello che hai fatto in questi 20 anni: dal Binario 95 che ci ha fatto incontrare, fino alla recente Casa Fratelli; dallo Sportello Migranti, al nuovo Help Center, passando per il Villaggio 95 fino ad arrivare alla fantastica Casa Sabotino! E neanche qualche mese fa, stavamo ripensando alla nostra stessa sede e, in prospettiva, la futura Casa Termini dove nonna Fadyla, salvata dalla stazione dopo 33 anni di vita in uno sgabuzzino, ritroverà di nuovo la pace e la vita… (assieme ai suoi cinque gatti!).In questi vent’anni Tu e Barbara avete pensato, disegnato e costruito, muri di speranza attorno a vite di solitudine e di sofferenza. Avete restituito la concretezza della dignità laddove erano stati calpestati i diritti; avete ridato bellezza e luce agli angoli bui dei nostri magazzini di esperienze complesse.
Decine di migliaia di persone hanno calpestato i pavimenti che tu avevi disegnato e scelto. Ed oggi, e domani, ogni giorno, decine e decine di persone continueranno ancora a lavare le proprie angosce nelle docce che tu hai progettato.

Ora è rimasto un solo punto visibile nella vostra Dieresi, quello della nostra cara Barbara che, da fiera condottiera come è sempre stata, si è presa sulle spalle l’eredità dell’immenso che ci avete permesso di creare. Io resto qui, in silenzio, in questo strano anno dove tante cose sembrano trasformarsi.E così dovrà trasformarsi anche il modo di pensarti e di pensarci. E di fare insieme.

Ma qui siamo, atomi, molecole e luce. Sempre e comunque elementi della vita; dinamici o statici, attivi o inerti; pensanti o vibranti della musica dell’esistenza. Suonavi anche la chitarra… questo non me lo avevi detto. E quante cose altre allora? Quello che abbiamo fatto assieme mi fa gioire nel ricordo; quello che avremo ancora potuto fare, mi fa soffrire nell’anima.
Non ce l’ho fatta ieri a dirti tutto questo. L’emozione mi ha stretto la gola e scoppiato il cuore, e le lacrime mi hanno sommerso, trasformando i miei respiri in singhiozzi disperati. Non sapevo neanche io di amarti così tanto, ma lo sentivo che vibravamo della stessa luce.

Era tornando a casa in moto che facevamo il punto dei progetti della settimana. La Città dei Ragazzi, le mattonelle nuove, le piante della ASL o quel nuovo progetto del diurno a San Lorenzo… e Barbara come sta? Ah, è lì con te… Me la saluti tanto…
Sembrava che insieme potessimo fare tutto. Poi vi ritiravate nella vostra tana e accadevano le magie. Ora la tua bacchetta si è spezzata, ma resta con noi la tua polvere di stelle.

Potrei ora salutarti, ma non ci sarebbero orecchi e a raccogliere la mia voce; potrei scriverti “Ciao…” continuando a nutrire l’illusione che tu mi stia osservando, ascoltando. Oppure potrei solo mettere un punto a questa strana lettera di morte e speranza, e restare in ascolto di quelle vibrazioni e quelle armonie metafisiche che non ci è ancora dato di comprendere e che continuano comunque inesorabili e indipendenti da Tutto, a risuonare nei riflessi dei tuoi sorrisi e della tua bellezza.

E allora… così come la vostra Dieresi rimasta orfana:
punto.

24 luglio 2025


IL SOGNO DI RULAN


𝐐𝐮𝐞𝐬𝐭𝐚 𝐞̀ 𝐮𝐧𝐚 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐢𝐧𝐜𝐫𝐞𝐝𝐢𝐛𝐢𝐥𝐞 e drammatica, raccontata nei suoi dettagli umani e medico psichiatrici, in modo professionale e attento dal bravo amico e grande psichiatra Pino Riefolo di  SMES Italia con cui stiamo portando avanti ormai da qualche anno il progetto AREA 95 a Binario 95, per cercare di intervenire nei vuoti del sistema per il supporto alle persone senza dimora con problematiche di Salute Mentale. 
Andammo a cercare Rulan assieme ad alcuni membri di SMES Italia tra cui la bravissima Silvia Raimondi, nel dicembre scorso al parco della Caffarella, su segnalazione di una persona di cuore che lavora lì e che con cura e dedizione cerca ogni giorno di creare una connessione tra le "anime perse" che si rifugiano nei luoghi nascosti di quel polmone verde di Roma...

Continua su: 
https://www.facebook.com/alessandro.radicchi/posts/pfbid0BA3UzUuBdeDEgU9FWgZHWNzVaXJN2AiKmZx2snK4u2kqwVVzhYHnXQikLdgUqrDil

Come funziona un orologio da parete

Come funziona un orologio da parete? Come girano le lancette? Come sono in sinergia quelle strane rotelline interne? Si può riparare? Basta provarci.


Anche se non ci sono

Sulle ruve le parole,
Nel silenzio le stelle
Nel tempo la barba grigia,
bianca.

Smalto nero sulle unghie
Una mano sola
Una sola mano
Che accarezza il pensiero
Che ricerca l’emozione
Chiusa in un cassetto di briciole
Che conservano ancora il sapore
Di quell’essere pane, dolce, l’uvetta.

Scrivere, navigare dentro
Immergersi fino ad afferrare il fondo
Poi correre su e respirare
Poi tornare sotto, di nuovo.

Non ti potrò scordare, anche se non ci sono.
Non ti potrò scordare perché sei stata dentro di me, sempre,
Anche se non ti ho mai conosciuto.
In un istante forse, nella mente o nell’ipotesi.

Ho provato a interpretare il divenire,
A capire il senso della vita
Ma ho fallito, ancora.
Perchè capire è fallire.

Non ho mai avuto grandi parole in tasca
Qualche disegno forse, fatto di pensieri…
Non attraverserò mail il fiume della coscienza,
Non più ormai.

E allora capisco, che il mio essere è qui,
Su questa sponda,
Ad osservar le acque che trasportano speranze.

11.08.2020


FORSE NON ACCADRA’ NULLA


Tutorial Zoom : Creazione Form di registrazione per i partecipanti


19.02.2020 Mattoni di felicità

Era come se quel tabellone  appeso in un angolo del bar della terrazza Termini si fosse rubato un pezzo della mia storia: 19.02.2020. O forse anche lui mi stava festeggiano, così in silenzio come avevo deciso di fare io, timidamente, senza troppo clamore. Un evento importante, ma immerso nel divenire del mondo e delle cose, così come quel cartellone era immerso tra le migliaia di persone che stavano in quel momento passando di sfuggita in una delle più grandi stazioni d’Europa, Roma Termini. 

Le cifre non hanno senso, se non siamo noi a dargli quel senso. Anche la matematica non esisterebbe se non avessimo definito noi le regole. 1 + 1 non sarebbe due ma semplicemente il disegno di due barrette verticali con una croce in mezzo. Ma dall’istante in cui  abbiamo deciso che 1+1=2 allora tutto è cambiato e incredibilmente affiancando a quelle due barrette un’altra barretta e chiamandola 3 la magia ha incominciato a svilupparsi a trasformarsi, fino a svelarci cose che non avremmo mai potuto immaginare prima, fino a disvelare mondi che altrimenti sarebbero rimasti nascosti a noi e alla vita. Ho sempre pensato che il ruolo della fisica fosse quello di spiegare le cose terrene, mentre quello della matematica di anticipare quelle ultraterrene… (Non me ne vogliano i colleghi Fisici… ma noi matematici siamo sempre stati  un passetto più avanti… ;O) )

E così 50, la convenzione del tempo che passa, ma una convenzione a cui ho sempre voluto dare un senso, come un benchmarking, una verifica, che cade comoda proprio alla metà di un secolo di vita.

“Presidè è mezza botta… “ dicevano ieri gli amici di Binario 95 mentre bevevamo un’aranciata e condividevamo una spettacolare torta gelato del nostro amico Andrea Fassi. E allora nella  giornata dei miei 50 anni ho voluto dedicare del tempo a me, alla mia anima, al mio sentire più profondo, e ai luoghi che hanno costruito la mia vita, partendo da quell’immagine di io bambino postata proprio qui su FB, dove con il mio orsetto Chiotto in mano (non ci crederete ma supervisiona ancora la mia vita da un angolo della spalliera del mio attuale letto!)  e con tanti amici intorno il  pulcino gigante, il cane bianco con le orecchie storte, l’orso papà senza un braccio, il pupazzo; e poi Goldrake, Topo Gigio e Braccio di Ferro, e sopra, le motociclette più belle del mondo,  con il cuore di un bambino curioso, scrutavo una vita che si sarebbe ancora dovuta dipingere.

“Come sarò da grande?”, mi chiedevo. Poi nel tempo questa domanda ha assunto una forma più definita, nel momento in cui ho dovuto operare delle scelte: “Scelgo! Altrimenti mi ritroverò a 50 anni con una vita che non mi appartiene e delle scelte che non ho fatto io ma, consapevolmente o meno, hanno deciso altri.” 

Ecco il senso dato al numero e non il senso del numero.  Quando pensavo “Come sarò a 50 anni?” non era una domanda, ma una affermazione: “A 50 anni voglio essere me stesso”. Cos’altro?

Capite quindi che ieri mi sarei dovuto dare una risposta. Per questo sono stato in silenzio. Per questo ho ripercorso quelle tappe che hanno scandito il senso dei miei primi cinquanta anni di vita. 

E tra quelle ci sono anche molti di voi, anzi tutti, direi, chi più chi meno. Ognuno con un mattoncino più o meno pesante in mano, a costruire un pezzo della mia felicità. Si perché la risposta che ho trovato ieri è stata semplice, a 50 anni sono una persona felice, perché ho la consapevolezza di potermi porre questa domanda,  perchè ho il tempo da dedicarmi per poter cercare una risposta e la sincerità per sapere che è questa condizione è un dono, costruito con fatica, ma anche con la grazia di una fiducia in qualcosa a cui sono sempre appartenuto, che ha soffiato il mio esistere in questa realtà e che mi accompagna, ancora, ad ogni passo, che io ne sia più o meno consapevole. 

E allora grazie a voi, amici, costruttori della mia felicità, voi che con il vostro muro di senso mi avete sorretto quando stavo per cadere; voi che mi avete fatto sorridere, voi che avete asciugato le mie lacrime nei momenti di paura e di abbandono; voi che siete stati padre, madre, famiglia e amanti, perché l’amicizia è ben oltre la carne e la carne non è nulla senza l’amicizia. Voi che ogni tanto comparite, con un’icona nuova del vostro volto su Facebook, e mi fate sorridere; ed anche se non vi sento da mesi o da anni, so che ci siete, e siete un pezzo della storia che mi ha portato fino a qui. 

Vi vedo, imperterriti e tenaci, a volte sudando di fatica, che ancora portate quel mattone sulle vostre spalle, più piccolo o più grande, più leggero o più pesante, ma comunque con al suo interno, un pezzo della mia felicità.  Grazie amici miei, grazie di tutto questo. 

Allora era vero, quel tabellone con su scritto 19.02.2020 non mi aveva rubato il giorno dei miei cinquant’anni, stava solo, anche lui, festeggiando con noi.


E in mezzo c’è il mondo

C’è una vibrazione che vive nella natura, all’interno dello stelo di un filo d’erba smosso dal vento e allo stesso tempo nella visione di una montagna innevata, nelle correnti fredde dei suoi crepacci ghiacciati, fin dentro le stalattiti che gocciano gelo fuso.

C’è questa percezione di verità che non riesci a trascrivere su carta, in parole, in pittura o in musica. Puoi darne il profumo, la sfumatura ma sfugge. È la stessa vibrazione delle stelle, la stessa sensazione d’amore, di fratellanza, dell’Io ci sono e sono con te. Io padre o fratello e amico, non sai. Io più grande, che ti avvolge e ti rassicura. Non preoccuparti, comunque Io ci sono, perché sono ciò di cui tu sei fatto, perché non puoi prescindere da questo, al netto delle religioni o di altre strade o strumenti che userai per ascoltarmi, per avvicinarmi a te. Io sono l’energia, la luce, la forza, la vita. Sono ciò che tutto ha fatto e che in tutto vive e dove tutto tornerà. Io sono questo dall’inizio alla fine.

E in mezzo c’è il mondo.


Come ricaricale la molla del battente di un cancello

Più facile di quanto sembra… ;O)


La morale politica

Essere sobri ed attuare ciò che è possibile, e non reclamare con il cuore in fiamme l’impossibile, è sempre stato difficile; la voce della ragione non è mai così forte come il grido irrazionale… Ma la verità è che la morale politica consiste precisamente nella resistenza alla seduzione delle grandi parole… Non è morale il moralismo dell’avventura… Non l’assenza di ogni compromesso, ma il compromesso stesso è la vera morale dell’attività politica

Benedetto XVI, 1981