Sottile ombra di luce
libera nel buio universo
e brilla
dei ricordi di un tempo non mio
cullando
un’essenza quieta e vuota.
Nel vagito di un grillo
scorre una natura sorpresa:
un incanto, un volo,
sopra quei desideri dispersi.
E bambino guardavo il tempo,
lo stesso tempo
ma nascosto in un cappotto di felce
e ghirlande di fiori,
rubando i ruscelli alle trote
e i sassi alle montagne.
È tutto qui. Quasi finito ormai.
Quanto ancora? Uno? Dieci? Trenta?
Cinquanta soli a rigirar le stelle?
E i pianeti a fargli da collana?
Ma anche cento o mille,
non sarebbe sempre ora?
non saremmo sempre nudi
in un mare incomprensibile?
illusi di conoscere
ma vuoti,
come conchiglie al vento
nel risuonar delle nostre stesse voci.
C’era un sentiero una volta,
l’incenso
con l’odore di note e di notte
e la terra rossastra tra mani leggere
mentre i leoni falcavan gli sterpi.
Poi la paglia
ha coperto fatiche
e curato piedi stanchi.
Ma la notte,
le note,
ruggiscono ancora i felini
e le ombre sbaragliano il tempo.
Eccomi dunque. Qui e ovunque.
E nell’annullarmi nel vuoto,
in questo sogno distante,
sfuggo domande insensate
e ascolto
lo sconosciuto me stesso.