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Veloci sfuggono al pensiero campi, case e alberi storti. Il treno corre, tradendo le emozioni che a centinaia si accalcano per un istante sui riflessi del finestrino, occhio del mondo.
Un uomo scende dal trattore, un fagiano becca le radici, una rana salta in una pozza che ormai col tempo si è fatta stagno. Le emozioni fuori scappano e le mie dentro, in movimento lento, le frenano, trascinandole sulla lastra di un’altro possibile frammento di storia. E in questa storia ci sono altri principi, altre regine ed altri sudditi accasciati su poltrone azzurre e incoronati dalle loro vite, splendide, terribili, reali. Nuvole di sogni si levano dai loro capi: promesse, speranze, gelati e fantasie. Ognuno è un’isola, con i suoi abitanti, i suoi ruscelli, le sue montagne, palme, sassi e grotte nascoste; ognuno ha il suo sole.
A guardarlo sembra così diverso dal mio, così lontano, estraneo; ma il calore, quel calore, in qualche strano modo riscalda anche me.
Getto un ponte di frasi e parole, allora, e mi avvicino cercando familiarità, similitudine, e la trovo.
Si fa scuro intanto, e la vita fuori dai finestrini si nasconde, tra luci lontane, isolate, e ombre anonime. Ma ecco un bagliore e poi un’altro e un’altro ancora. Si accendono una dopo l’altra nelle case come candele la notte di Pasqua e tornano da me di mille colori, con altre vite ed altre storie. È una città che si avvicina.
Veloci sfuggono al pensiero nuovi campi, nuove case e nuovi alberi storti. Il treno corre, occhio del mondo, e noi ancora accasciati su queste sedie azzurre, cerchiamo la pace nel dare un senso alle loro storie