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19.02.2020 Mattoni di felicità

Era come se quel tabellone appeso in un angolo del bar della terrazza Termini si fosse rubato un pezzo della mia storia: 19.02.2020. O forse anche lui mi stava festeggiano, così in silenzio come avevo deciso di fare io, timidamente, senza troppo clamore. Un evento importante, ma immerso nel divenire del mondo e delle cose, così come quel cartellone era immerso tra le migliaia di persone che stavano in quel momento passando di sfuggita in una delle più grandi stazioni d’Europa, Roma Termini.
Le cifre non hanno senso, se non siamo noi a dargli quel senso. Anche la matematica non esisterebbe se non avessimo definito noi le regole. 1 + 1 non sarebbe due ma semplicemente il disegno di due barrette verticali con una croce in mezzo. Ma dall’istante in cui abbiamo deciso che 1+1=2 allora tutto è cambiato e incredibilmente affiancando a quelle due barrette un’altra barretta e chiamandola 3 la magia ha incominciato a svilupparsi a trasformarsi, fino a svelarci cose che non avremmo mai potuto immaginare prima, fino a disvelare mondi che altrimenti sarebbero rimasti nascosti a noi e alla vita. Ho sempre pensato che il ruolo della fisica fosse quello di spiegare le cose terrene, mentre quello della matematica di anticipare quelle ultraterrene… (Non me ne vogliano i colleghi Fisici… ma noi matematici siamo sempre stati un passetto più avanti… ;O) )
E così 50, la convenzione del tempo che passa, ma una convenzione a cui ho sempre voluto dare un senso, come un benchmarking, una verifica, che cade comoda proprio alla metà di un secolo di vita.
“Presidè è mezza botta… “ dicevano ieri gli amici di Binario 95 mentre bevevamo un’aranciata e condividevamo una spettacolare torta gelato del nostro amico Andrea Fassi. E allora nella giornata dei miei 50 anni ho voluto dedicare del tempo a me, alla mia anima, al mio sentire più profondo, e ai luoghi che hanno costruito la mia vita, partendo da quell’immagine di io bambino postata proprio qui su FB, dove con il mio orsetto Chiotto in mano (non ci crederete ma supervisiona ancora la mia vita da un angolo della spalliera del mio attuale letto!) e con tanti amici intorno il pulcino gigante, il cane bianco con le orecchie storte, l’orso papà senza un braccio, il pupazzo; e poi Goldrake, Topo Gigio e Braccio di Ferro, e sopra, le motociclette più belle del mondo, con il cuore di un bambino curioso, scrutavo una vita che si sarebbe ancora dovuta dipingere.

“Come sarò da grande?”, mi chiedevo. Poi nel tempo questa domanda ha assunto una forma più definita, nel momento in cui ho dovuto operare delle scelte: “Scelgo! Altrimenti mi ritroverò a 50 anni con una vita che non mi appartiene e delle scelte che non ho fatto io ma, consapevolmente o meno, hanno deciso altri.”
Ecco il senso dato al numero e non il senso del numero. Quando pensavo “Come sarò a 50 anni?” non era una domanda, ma una affermazione: “A 50 anni voglio essere me stesso”. Cos’altro?
Capite quindi che ieri mi sarei dovuto dare una risposta. Per questo sono stato in silenzio. Per questo ho ripercorso quelle tappe che hanno scandito il senso dei miei primi cinquanta anni di vita.
E tra quelle ci sono anche molti di voi, anzi tutti, direi, chi più chi meno. Ognuno con un mattoncino più o meno pesante in mano, a costruire un pezzo della mia felicità. Si perché la risposta che ho trovato ieri è stata semplice, a 50 anni sono una persona felice, perché ho la consapevolezza di potermi porre questa domanda, perchè ho il tempo da dedicarmi per poter cercare una risposta e la sincerità per sapere che è questa condizione è un dono, costruito con fatica, ma anche con la grazia di una fiducia in qualcosa a cui sono sempre appartenuto, che ha soffiato il mio esistere in questa realtà e che mi accompagna, ancora, ad ogni passo, che io ne sia più o meno consapevole.
E allora grazie a voi, amici, costruttori della mia felicità, voi che con il vostro muro di senso mi avete sorretto quando stavo per cadere; voi che mi avete fatto sorridere, voi che avete asciugato le mie lacrime nei momenti di paura e di abbandono; voi che siete stati padre, madre, famiglia e amanti, perché l’amicizia è ben oltre la carne e la carne non è nulla senza l’amicizia. Voi che ogni tanto comparite, con un’icona nuova del vostro volto su Facebook, e mi fate sorridere; ed anche se non vi sento da mesi o da anni, so che ci siete, e siete un pezzo della storia che mi ha portato fino a qui.
Vi vedo, imperterriti e tenaci, a volte sudando di fatica, che ancora portate quel mattone sulle vostre spalle, più piccolo o più grande, più leggero o più pesante, ma comunque con al suo interno, un pezzo della mia felicità. Grazie amici miei, grazie di tutto questo.
Allora era vero, quel tabellone con su scritto 19.02.2020 non mi aveva rubato il giorno dei miei cinquant’anni, stava solo, anche lui, festeggiando con noi.
E in mezzo c’è il mondo
C’è una vibrazione che vive nella natura, all’interno dello stelo di un filo d’erba smosso dal vento e allo stesso tempo nella visione di una montagna innevata, nelle correnti fredde dei suoi crepacci ghiacciati, fin dentro le stalattiti che gocciano gelo fuso.
C’è questa percezione di verità che non riesci a trascrivere su carta, in parole, in pittura o in musica. Puoi darne il profumo, la sfumatura ma sfugge. È la stessa vibrazione delle stelle, la stessa sensazione d’amore, di fratellanza, dell’Io ci sono e sono con te. Io padre o fratello e amico, non sai. Io più grande, che ti avvolge e ti rassicura. Non preoccuparti, comunque Io ci sono, perché sono ciò di cui tu sei fatto, perché non puoi prescindere da questo, al netto delle religioni o di altre strade o strumenti che userai per ascoltarmi, per avvicinarmi a te. Io sono l’energia, la luce, la forza, la vita. Sono ciò che tutto ha fatto e che in tutto vive e dove tutto tornerà. Io sono questo dall’inizio alla fine.
E in mezzo c’è il mondo.

La morale politica
Essere sobri ed attuare ciò che è possibile, e non reclamare con il cuore in fiamme l’impossibile, è sempre stato difficile; la voce della ragione non è mai così forte come il grido irrazionale… Ma la verità è che la morale politica consiste precisamente nella resistenza alla seduzione delle grandi parole… Non è morale il moralismo dell’avventura… Non l’assenza di ogni compromesso, ma il compromesso stesso è la vera morale dell’attività politica
Benedetto XVI, 1981
Gestione Menu in WordPress
per ricordarsi come pubblicare uno speed tutorial su Word Press
per ricordarsi come pubblicare uno speed tutorial su Word Press… ;O)
Macio
Morire. Oggi parlo di un mio amico che non c’è più. Ho un’immagine nella mente: noi che in quinta elementare giochiamo nel cortile della scuola. Bambini di nove anni, alla finestra della vita. Siamo tanti. Ognuno prenderà la sua strada, cresceremo, studieremo, ci innamoreremo, litigheremo tra di noi. Poi magari ci sposeremo o forse no. Provo a cercare di capire se in quell’istante avremmo potuto intuire, stando un po’ più attenti, che lui se ne sarebbe andato prima di tutti. No. Eppure quel destino era già scritto. Non in tutte le possibili versioni del futuro, ma certamente in una di esse. Questa.
Penso al suo sorriso durante questi ultimi 40 anni, quando ci incrociavamo e, sebbene avessimo preso strade diverse, c’era quel legame, profondo ancestrale, che ci rendeva parte di un pezzo della nostra vita, di una nostra storia che nessun’altro avrebbe potuto capire. L’infanzia.
La tua morte, amico mio, è come se avesse strappato un pezzo di quel libro, così, quasi distrattamente.
Macio è morto, punto.
Mi immagino il tuo gesto esplicito, se te lo avessi raccontato:
“Ehi, lo sai che il 18 agosto 2018 morirai di tumore al cervello? Io lo saprò il giorno dopo da un whatsapp di un amico comune… ‘Mi pare lo conoscessi’ mi scriverà…”
“Mortaccitua – mi avresti detto – fammi grattare va…”
E’ questa la vita in fondo no? Si scherza, per non avere paura.
E quella volta che ti abbiamo tirato il riso dopo l’ennesima domenica che uscivi dalla chiesa mano nella mano con la tua eterna ragazza: “Evviva gli sposi!!!”
“Mortacci vostra… che bastardi…”. E ridevi.
Che poi non mi hai mai detto perché è finita…
Anche lei starà soffrendo questa sera. Anche lei probabilmente sta guardando le vostre foto, i bigliettini che le lasciavi, la carta così smielata dei baci perugina: “Il bacio è l’apostrofo rosa sulle parole Ti amo”, o cazzate del genere. Ma dai che ti piacevano! Cazzone come eri!
Certo, avevi quel problemino sul quale era difficile passare sopra… eri della Lazio! Ma a me in realtà delle squadre di calcio non è mai fregato niente e in fondo quel tuo astuccio con l’aquilotto era anche carino.
Mauro. Lo conosci? Si l’amico di Dando…
Certo che lo conosco. E così questa stronza di malattia ti ha strappato via. E io neanche lo sapevo. Certo non è che incrociandoci sotto casa potevi dirmi: “Ciao Alex, lo sai ho fatto il quarto ciclo di chemio e quella bastarda che sembrava sparita è tornata di nuovo… Ogni volta mi sembra di farcela ma poi ritorna… vabbè dai, prima o poi la sdereno. Che hai visto per caso in giro Checco?”
No. Non lo sapevo. Per questo la botta è stata più tosta. Si lo so, andremo tutti prima o poi, ma quando capita… è sempre una botta. Poteva essere un’altro? Tra quel gruppetto di bambini? O forse qualcuno già se ne è andato e neanche lo abbiamo saputo. Che dire.
Non sarò domani al tuo funerale, quindi ti saluto qui.
Mi spiace, molto, per tuo figlio, per la tua famiglia, per tua moglie che mi hai presentato per strada:
“Ciao Alex… vi conoscete? Lei è mia moglie…”
“ Ma dai? Pensavo fosse la tua amante e questo il figlio illegittimo…”
E tu ridevi.
“Piacere. Scusa, scherziamo sempre così dalla V elementare… bellissimo bambino, si vede che ha ripreso tutto dalla mamma!”
E così. Passava un altro giorno. Avrei potuto contare le volte che ci siamo incrociati sotto casa mentre tu rientravi con la macchina. Se avessi saputo il numero, se le avessi contate al contrario magari l’ultima volta ti avrei abbracciato.
“Non preoccuparti amico mio, funziona così, anche se è doloroso. Ma poi vedrai che troveremo un senso a tutto. Tu prima, ma noi subito dopo.”
Ecco. L’ultima volta, invece di fare una battuta, avrei potuto dirti una cosa del genere. O forse solo abbracciarti e dirti: “Ciao”.
E invece la pellicola di questo film va avanti come vuole. Non ci sono seconde chance, non ci sono avvisi, non si è mai pronti.
Vedo tuo padre, che continua a cercare nell’aiuto agli altri il senso delle cose. E da domani… o manderà tutti affanculo o si impegnerà ancora di più, cercando di scorgere nello sguardo del marocchino della stazione Termini il tuo sguardo, nel suo sorriso il tuo sorriso, nella sua richiesta di un panino il tuo chiedergli la merenda per andare a scuola un altro giorno. E allora per un istante il suo cuore sentirà di esserti ancora vicino, di poterti raggiungere in qualche modo con quel gesto. Sarà vero? O lo crederà solamente? Questo dipenderà solo da lui.
E’ un abominio che un figlio muoia prima di un padre, la natura non dovrebbe permettere questo. Eppure accade. Perché, nonostante tutte le giustificazioni che vogliamo darci, alla natura non gliene fotte una mazza del dolore, di cosa è giusto e cosa sbagliato. Se vuole prenderti ti prende. E basta.
Allora vorresti gridare: “Ma che cazzo!”. Ma non puoi farlo troppo forte, perché ti dicono che ci sono situazioni peggiori: 40 morti nel crollo del ponte di Genova, bambini migranti affogati in mare, ragazze indifese stuprate e uccise da uomini maiale che non meriterebbero neanche l’aria.
Si è vero. Ma che cazzo lo stesso.
Tu, eri un pezzo del mio libro, un pezzo della nostra storia, quella di tutti i giorni. Ed è giusto che siamo fatti così; impazziremmo se percepissimo il dolore di ogni cosa, di ogni uomo. Sopravviviamo perché abbiamo le nostre camere stagne, dove teniamo dentro ben sigillato tutto quello che ci è caro. Poi fuori ci sono le tempeste, i terremoti e gli orrori di cui ci indigniamo e contro i quali lottiamo; ma sono sempre fuori dalla nostra stanza.
Poi succede che qualcosa cade dentro, si crea una crepa, una breccia… poi muore un amico. E oggi quell’amico sei tu. E allora che Cazzo!
E allora… che occhiali ti metterai domani per andare davanti al Padre Eterno? Dai lo so che ti sarai preparato uno dei tuoi completini con camicia tiratissima, giacca e foulard assolutamente intonati e spilletta sul bavero della giacca. Eri proprio un fighetto; i tuoi quasi 50 non si vedevano neanche e la mia pancetta confronto ai tuoi addominali sembrava quella di un lottatore di Sumo. Per questo mi facevi ridere. Perché eri semplice e fico; ordinatissimo e firmatissimo, ma non te la tiravi mai. Così eri alle elementari, con quel ciuffetto ribelle, e così eri ieri.
Per quello la stronza ti ha preso il cervello, perché sul fisico non attaccava, dì la verità!?
Caro mio, non ci sarò domani per salutarti, in quella chiesa dove abbiamo occupato spazi assieme per anni. Magari scordandoci appena usciti di quello che aveva detto il parroco, ma sempre lì, puntuali, forse senza sapere neanche noi perché ci andavamo.
Ebbene, questa volta ci hai superati tutti. Domani lo saprai prima di noi.
Ti abbraccio e verrò a trovarti di tanto in tanto, nel luogo della memoria e dello spirito dove nascondiamo i nostri sentimenti più preziosi, i nostri segreti più belli, che alimentano quella speranza di esserci comunque, per sempre. Tutti.
Ciao Mauro.
A dream within a dream
Take this kiss upon the brow!
And, in parting from you now,
Thus much let me avow –
You are not wrong, who deem
That my days have been a dream;
Yet if hope has flown away
In a night, or in a day,
In a vision, or in none,
Is it therefore the less gone?
All that we see or seem
Is but a dream within a dream.
I stand amid the roar
Of a surf-tormented shore,
And I hold within my hand
Grains of the golden sand –
How few! yet how they creep
Through my fingers to the deep,
While I weep – while I weep!
O God! can I not grasp
Them with a tighter clasp?
O God! can I not save
One from the pitiless wave?
Is all that we see or seem
But a dream within a dream?
Edgar Allan Poe, 1849
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Un sogno dentro un sogno
Eccoti un bacio sulla fronte!
Ed ora che mi sto separando da te
lascia che te lo confessi –
Tu non sbagli dicendo
che i miei giorni sono stati un sogno;
E se anche la speranza è volata via
in una notte, o in un giorno
in una visione o nel nulla
è forse per questo meno perduta?
Tutto ciò che vediamo o crediamo di vedere
non è che un sogno all’interno di un sogno.
Resto Immobile tra i ruggiti
di una spiaggia tormentata dalle onde
Tenendo nella mia mano
granelli di sabbia dorata
Sono così pochi! Eppure come scivolano via
attraverso le mie dita verso il profondo,
mentre io piango – mentre io piango!
Oh Dio! Non posso riuscire a trattenerli
con un stretta più forte?
Oh Dio! Non posso salvarne almeno uno
dall’onda impietosa?
Tutto quello che vediamo o crediamo di vedere
non è forse un sogno all’interno di un sogno ?
(Traduzione @originalex)
Sogni
“Bisogna trovare il proprio sogno
perché la strada diventi facile.
Ma non esiste un sogno perpetuo.
Ogni sogno cede il posto ad un sogno nuovo,
e non bisogna volerne trattenere alcuno.”
( H.Hesse )